Il fondatore della nuova gastrononomia dell’Alto Adige.
Una cucina tradizionale a base di prodotti regionali trasformati con l’estro e la creatività di una grande cuoco.
Dal 1995 una stella Michelin, per 6 anni presidente per l’Italia dell’Associazione “Jeunes Restaurateurs d’Europe”.La cucina come educazione al gusto? Il nostro compito e anche quello di insegnare il rispetto del cibo e difenderne il gusto vero. E un messaggio forte, occorre entrare nelle scuole, iniziando dai primi anni, perche nel gusto c’e il nostro futuro.La mia cucina è viva, non servo cibo stanco, rispetto la stagionalità ed utilizzo quello che produce il piccolo produttore vicino a casa.La sua brigata di cucina e molto giovane. Mi piace insegnare a cucinare, soprattutto insegnare le dinamiche, qui arrivano ancora gli animali interi, tutto viene fatto espresso per dare al cliente i gusti freschi. Nel menu non solo lo speck del contadino e canederli, anche qualche piatto di pesce, un invitante carrello di formaggi ed una carta dei vini sapientemente raccontata dalla moglie Margot. Quale importanza attribuisce all’insegnamento dei giovani? Lo chef deve dare il buon esempio, in tutto. Professionalmente, e questo e chiaro, ma anche sul piano etico e umano. Mi impegno a far comprendere l’importanza di valori come l’onesta, la responsabilità, la trasparenza, concetti fondamentali nello svolgersi della nostra professione. Un compito importante e quello di “svegliare” i talenti. Devono cercare la propria strada con sacrificio, evitando scorciatoie e miraggi di facili successi e celebrità. Quello che è importante e sempre una grande pratica, un esercizio mentale, una disciplina: tutti fattori che poi i ragazzi saranno in grado di portarsi dietro nel loro percorso professionale.